Commissione Formazione Formazione permanente Mario  

Umanità umile primo incontro

Commissione formazione Ofs Regione Piemonte

Anno fraterno 2022-2023

Primo incontro dell’anno “Umanità umile”

 

L’argomento della formazione per le Fraternità Ofs prende l’avvio dal discorso di Papa Francesco, tenuto il 10 novembre 2015 a Firenze, nell’ambito del V Convegno Nazionale della Chiesa Italiana.

 

Il tema del prossimo triennio è Incarnati nella storia del mondo, in sinodalità al servizio dei fratelli, mentre il tema per quest’anno è quello dell’umiltà sotto il titolo di Umanità umile.

 

Vi do un orizzonte nuovo    Luigi Santopaolo 

 

Uno dei tratti caratteristici del Vangelo di Giovanni è che l’insegnamento di Gesù ai discepoli si condensa nei capitoli 13-17 rappresentando una vera e propria introduzione al racconto della morte.

Tra i temi importanti di questi discorsi di Gesù, spicca proprio quello relativo al comandamento nuovo espresso in Giovanni 13,34-35. In questo versetto Gesù ha come polo tematico il verbo amare agapaõ che ricorre quattro volte. All’affermazione introduttiva “vi do un comandamento nuovo”, fa seguito l’indicazione dello scopo: “affinché vi amiate gli uni gli altri”. Il contenuto del comandamento si mostra con un parallelo: “come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”, mentre la conseguenza o effetto vengono espressi con un’ipotetica “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri.”  Siamo nel cuore del discorso di addio: a motivo della sua partenza-assenza, Gesù lascia ai discepoli un ”nuovo comandamento” (entolē). Il termine, che significa “incarico, comando, precetto, legge”, ripreso dalla tradizione deutoronomista, non va inteso in senso legalistico, ma indica la missione che egli consegna alla sua comunità. Il corrispettivo verbo entellomai infatti descrive anche l’azione di comando, esercitata dal Padre nei confronti del Figlio, e significa “prospettiva di vita” o “orizzonte fondamentale “.

L’azione della comunità credente non nasce mai da una morale fine a se stessa, ma è sempre il risultato della relazione con Gesù e con Dio. 

 

Farsi da parte   Fra Carlo Basile

 

Il tema della misericordia e della carità è strettamente connesso con l’esperienza umana e storica di Francesco d’Assisi. Tutto il pensiero del Medioevo si concentra attorno a Dio. Il punto di partenza nella riflessione sull’uomo è sempre Dio, dal momento che la persona umana viene sempre considerata in relazione con Dio. Proprio per questo motivo san Francesco, parlando o scrivendo dell’uomo, lo percepisce sempre in questa prospettiva.

Francesco ardeva di un grande amore verso Dio e da questo amore nasceva l’atteggiamento della compassione verso il prossimo e, in modo particolare, verso i suoi confratelli. Avendo scoperto l’amore divino nel Cristo povero, crocifisso e modesto, rispondeva con un simile amore a Lui e ai fratelli. 

Paradossalmente però la cosa che più riempie di stupore l’anima di Francesco non è la grandezza di Dio, ma la sua umiltà. Nelle Laudi di Dio altissimo che si conservano scritte di suo pugno in Assisi, tra le perfezioni di Dio “Tu sei santo,Tu sei forte. Tu sei Trino e Uno. Tu sei Amore, Carità. Tu sei Sapienza…” a un certo punto Francesco ne inserisce una insolita “Tu sei umiltà!”. Dio è umiltà perché è amore.  

Di fronte alle creature umane, Dio si trova sprovvisto di ogni capacità non soltanto costrittiva, ma anche difensiva. Se gli esseri umani scelgono, come hanno fatto, di rifiutare il suo amore, egli non può intervenire di autorità per imporsi a loro. Non può fare altro che rispettare la libera scelta degli uomini. Si potrà rigettarlo, eliminarlo: egli non si difenderà, lascerà fare. O meglio, la sua maniera di difendersi e di difendere gli uomini contro lo stesso annientamento, sarà quella di amare ancora e sempre, eternamente.

L’amore fornisce dunque la chiave per capire l’umiltà di Dio: ci vuole poca potenza per mettersi in mostra, ce ne vuole molta invece per mettersi da parte, per cancellarsi. Dio è questa illimitata potenza di nascondimento di sé e come tale si rivela nell’Incarnazione. La manifestazione visibile dell’umiltà di Dio si ha contemplando Cristo che si mette in ginocchio davanti ai suoi discepoli per lavare loro i piedi. 

“Ecco ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote”. “O umiltà sublime! o sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori”. San Francesco (Lettera a tutto l’Ordine, 26-29).

Il movente dell’umiltà di Francesco è quindi l’esempio di Cristo.

 

Per coinvolgere tutti    Marco Bartoli

 

Ci si potrebbe chiedere: che cosa ha fatto concretamente Francesco per i poveri?

La novità francescana non consiste in opere o istituzioni, ma in una svolta antropologica. La povertà infatti non è solo una condizione economica e sociale, è anche uno stigma che pesa sulla vita di tanti. I poveri erano (e continuano ad essere) visti con sospetto. Questo stigma tante volte pesa più delle ristrettezze economiche. La novità dell’atteggiamento di Francesco è proprio qui, nel superamento dello stigma e del pregiudizio. E’ la scelta di vivere in mezzo ai poveri, senza giudicarli, anzi, rallegrandosi di stare con loro. Come dice un famosissimo passaggio della regola non bollata: “e [i frati] devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, infermi e lebbrosi e tra mendicanti lungo la strada “. (R.nB.IX in FF30)

La svolta antropologica francescana consiste nel guardare gli uomini senza il filtro dei pregiudizi correnti, anzi, senza giudizi. 

Ancora nella Regola non Bollata “e chiunque verrà da essi [dai frati] amico o nemico, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà “. (FF 26)

E ovunque sono i frati e in qualunque luogo si incontreranno, debbano rivedersi volentieri e con gioia di spirito e onorarsi scambievolmente senza mormorazione”. È la stessa fraternità che si esprime tra i frati, che si debbono onorare vicendevolmente, accogliersi con gioia l’un l’altro, e con chiunque, amico o nemico, ladro o brigante, si presenti evidentemente per chiedere qualcosa. 

Francesco volle coinvolgere tutti e tutte. I laici erano guardati con un certo distacco dai chierici a quel tempo. Secondo Graziano (1140) ci sono due generi di cristiani: i chierici e i laici. I primi erano quelli che si dovevano occupare dell‘opus Dei, cioè della preghiera e della teologia. I laici invece erano mischiati alle sporcizie del mondo (il sesso, il denaro, la guerra). Francesco invece non considera i laici come dei cristiani di serie B.  Nella Lettera ai fedeli (prima redazione) afferma con forza: “Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle quando fanno tali cose e persevereranno in esse, perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore, e farà presso di loro la sua abitazione e dimora, e sono figli del Padre Celeste del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore Nostro Gesù Cristo” (FF 178). Anche i laici dunque, per Francesco, possono essere dimora di Dio, pur continuando a vivere nel mondo.

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